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Giovanna d'Arco, diventa l'impossibile

Ritrovare uno scopo
Parigi
PLAY ME
Forse avrei potuto accorgermene, ma ero giovane, e troppo ingenua.

Non ero più così benvoluta a corte e le fazioni della guerra stavano tessendo interessi politici ai quali io ero straniera.
Scalpitavo ancora. Volevo che Carlo si riprendesse Parigi il prima possibile, lui ancora esitava. Fui al limite della pazienza,
poi andai oltre e fui condotta all'obbedienza, secondo trame che non volevo neppure conoscere. Combattevo ancora, mentre il Re cercava un accordo con Filippo il Buono, il duca di Borgogna, a cui era affidata la capitale.


L'8 settembre i capitani del nostro esercito assaltarono Parigi e io mi unii a loro. Era l'ultima volta che scintillavo sotto il sole della battaglia.
Il primo giorno fummo sconfitti alla porta Saint-Honoré e io fui ferita ad una gamba,
ma non volli lasciare la mia posizione fino a sera. Il giorno seguente mi fu ordinato dal Re di annullare qualsiasi offensiva. Delusa, mi ritirai e, dopo averla baciata, deposi la mia armatura nella chiesa di Saint-Denis. Già: era finita.
L'inverno di tedio a corte fu eterno, poi fui "nobilitata" insieme alla mia famiglia: il Re mi concedeva un'arme araldica e un titolo trasmissibile in linea femminile.

Non mi interessava. Volevo solo riprendere le armi.
A marzo lasciai la corte. Attorno a me avevo ancora qualche volontario e qualche mercenario. Tentai ancora, a Melun, poi fui a Margny.

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